Contratti bancari con la sola firma del cliente salvati dalle Sezioni Unite
16 Gennaio 2018
A cura dell'avv. Andrea Loi
Il D.Lgs. n. 58 del 1998 (TUF), all’art. 23, prevede che "i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento (…) sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti (…) Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo (…); aggiunge il terzo comma che "la nullità può essere fatta valere solo dal cliente". Il medesimo requisito di forma per la stipulazione del contratto-quadro di investimento era già previsto dalla L. 2 gennaio 1991, n. 1, art. 6, lett. c).
Inoltre, l’art. 37 del reg. Consob n. 16190 del 2007 (ma già l’art. 30, comma 1, reg. Consob n. 11522/1998) a sua volta prevede che gli intermediari "forniscono a clienti al dettaglio i propri servizi di investimento, diversi dalla consulenza in materia di investimenti, sulla base di un apposito contratto scritto; una copia di tale contratto è consegnata al cliente", nonché specifici requisiti di contenuto.
Nel delineato quadro normativo è prevedista, quindi, la redazione per iscritto del contratto relativo alla prestazione dei servizi di investimento e la consegna della scrittura al cliente, a cui solo si attribuisce la facoltà di far valere la nullità in caso di inosservanza della forma prescritta.
Ebbene, nel contesto di detto quadro normativo, la Prima Sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 10447 del 27.4.2017, aveva rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione di massima di particolare importanza "se, a norma del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, il requisito della forma scritta del contratto di investimento esiga, accanto a quella dell’investitore, anche la sottoscrizione ad substantiam dell’intermediario". E cioè se, ai fini della validità del contratto concluso con la banca, sia necessaria anche la sottoscrizione della medesima, oltre a quella del cliente
Sul punto si erano, invero, formati due contrapposti orientamenti dottrinali, che possono essere schematizzati come segue..
Secondo una prima tesi, la sottoscrizione della banca – a differenza di quella dell’investitore – non occorre ai fini del perfezionamento del contratto: essa non sembra perseguire, infatti, i fini di conoscenza ed informazione sottesi alle disposizioni normative sopra citate ed, al contrario, esigere tale firma significherebbe porre un "freno" all’inesauribile dinamismo della contrattazione finanziaria e, dunque, all’efficienza dei mercati. Di qui il rilievo secondo cui il consenso della banca – pur sempre necessario trattandosi di un contratto – potrebbe a buon gioco assumere il vestimentum di altre forme di manifestazione della volontà, finanche quello di taluni comportamenti per facta concludentia – quali la predisposizione del testo contrattuale, la raccolta della sottoscrizione del cliente, la consegna del documento negoziale o l’esecuzione del contratto medesimo ex art. 1327 c.c. – idonei a rivelare, anche in via presuntiva, l’esistenza dell’originario consenso.
L’altra più rigorosa impostazione, muovendo dalla ratio delle norme sopra citate, votate alla protezione del contraente "debole" e alla valorizzazione delle esigenze di chiarezza e di trasparenza informativa, richiede, invece, per la validità del contratto-quadro la sottoscrizione ad substantiam della banca, al pari di quella del cliente.
Nel contesto di detto scenario è intervenuta la sentenza delle SS.UU. del 16 gennaio 2018, n. 898, che in questa sede si commenta.
Per la Suprema Corte la previsione della nullità contenuta nel precetto normativo - laddove <<in modo inequivoco prevede la redazione per iscritto del contratto» e «la consegna della scrittura>> - è posta nell'interesse del cliente. La finalità infatti è quella di assicurare <<la piena indicazione al cliente degli specifici servizi forniti, della durata e delle modalità di rinnovo del contratto e di modifica dello stesso, delle modalità proprie con cui si svolgeranno le singole operazioni, della periodicità, contenuti e documentazione da fornire in sede di rendicontazione, considerandosi che è l'investitore che abbisogna di conoscere e di potere all'occorrenza verificare nel corso del rapporto il rispetto delle modalità di esecuzione e le regole che riguardano la vigenza del contratto, che è proprio dello specifico settore del mercato finanziari>>.
Non si può, invece, ritenere che tale normativa abbia anche la finalità di garantire una corretta organizzazione della banca imponendo, a pena di nullità, la firma del delegato dell'istituto. Nella interpretazione della norma, prosegue la Corte, si deve infatti tutelare l'interesse effettivamente protetto che è quello del risparmiatore. Una lettura, continua la Cassazione, <<in linea con le disposizioni dell'ordinamento europeo>> sia con riferimento alla direttiva Mifid 1 che Mifid 2 a cui è stata data attuazione con il Dlgs 129/2017, <<al fine di perseguire gli obiettivi di trasparenza e di tutela degli investitori>>, e che <<punta l'accento sulla registrazione del o dei documenti concordati, in tal modo evidenziandosi la necessità che risulti la verificabilità di quanto concordato>>.
A fronte della specificità della normativa ed alla ratio profonda della stessa, affermano, quindi, perentori i giudici di legittimità, che "è difficilmente sostenibile" "che la sottoscrizione da parte del delegato della banca, una volta che risulti provato l’accordo (avuto riguardo alla sottoscrizione dell’investitore, e, da parte della banca, alla consegna del documento negoziale, alla raccolta della firma del cliente ed all’esecuzione del contratto) e che vi sia stata la consegna della scrittura all’investitore, sia necessaria ai fini della validità del contratto-quadro".
Ed invero, posto che il requisito della forma ex art. 1325 c.c., n. 4, va inteso nella specie non già in senso strutturale, bensì funzionale, avuto riguardo alla finalità propria della normativa, "ne consegue che il contratto-quadro deve essere redatto per iscritto, che per il suo perfezionamento deve essere sottoscritto dall’investitore, e che a questi deve essere consegnato un esemplare del contratto, potendo risultare il consenso della banca a mezzo dei comportamenti concludenti sopra esemplificativamente indicati".
Sulla scorta del delineato iter motivazionale, le SSUU sono pervenute, in conclusione, all’enucleazione del seguente principio di diritto: <<Il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 23, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti>>.