La cointestazione del conto corrente non trasferisce la proprietà del suo contenuto
3 Settembre 2019
A cura dell'Avv. Andrea Loi
La Corte di Cassazione, nell’ordinanza sopra richiamata, sviluppando principi già affermati, è intervenuta su una particolare fattispecie collegata alla questione della titolarità delle somme presenti in un contratto corrente bancario per il caso di cointestazione.
Per giurisprudenza ormai consolidata (da ultimo Cassazione Civile, sez. II, 22.02.2018, n. 4320, e Cassazione Civile, sez. II, 29/04/2019, n. 11375), nel caso di conto corrente intestato a più persone, i rapporti interni tra correntisti non possono ritenersi regolati dall'art. 1854 c.c. (che disciplina i rapporti tra correntisti ed istituti di credito), ma bensì dall'art. 1298 comma 2 c.c., in virtù del quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali, salvo il caso in cui non si riesca a provare che, in realtà, le somme devono essere suddivise secondo criteri differenti. In particolare, nell’ipotesi in cui si riesca a dimostrare che il saldo attivo di un conto corrente cointestato risulti discendere dal versamento di somme appartenenti ad uno solo dei correntisti, si deve escludere che gli altri possano, nei rapporti interni, avanzare diritti sul saldo medesimo.
La presunzione di contitolarità delle somme può essere superata anche attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, come la mancata dimostrazione da parte di uno dei cointestatari di un reddito idoneo a giustificare la disponibilità delle somme controverse a titolo di risparmio, la giovane età al momento del versamento delle somme sul conto corrente cointestato, il fatto che lo stesso avesse familiari a carico al tempo dell'accumulazione, oppure, ancora, una cointestazione dei rapporti bancari tra familiari effettuata esclusivamente al fine di una più comoda gestione dei medesimi.
IL FATTO. La Cassazione, con l'ordinanza citata, è intervenuta sul particolare caso di un conto corrente già esistente, attraverso il quale, Tizia cointestava a due discendenti, Caio e Sempronio, il proprio conto corrente al quale era agganciato un deposito titoli. I cointestatari, con poche operazioni, avevano prelevato tutto quanto era ivi giacente, compresi risparmi presenti nel deposito titoli. Ciò senza che Tizia risultasse – in corso di causa – consapevole dell’avvenuto prelievo. Al decesso di Tizia, altri eredi scoprono l’operazione e chiedono giudizialmente la restituzione di quanto prelevato (ovviamente detratta la quota ereditaria spettante a Caio e Sempronio), sul presupposto che Tizia non avesse ceduto quelle somme né avesse lasciato intendere alcun animus donandi, e che, di conseguenza, si trattasse di una mera appropriazione indebita.
Nel caso di specie, la questione ha, pertanto, ad oggetto la natura dell'atto di cointestazione di un conto corrente già aperto e con somme a credito giacenti. Se il medesimo, cioè, costituisce soltanto un negozio unilaterale con cui si abilita il cointestatario ad emettere atti dispositivi dei diritti oppure sia anche un atto traslativo del diritto di contitolarità delle somme a credito.
La Cassazione ha optato per la soluzione più rigorosa, statuendo che l'atto di cointestazione del conto corrente permette al cointestatario di operare sul conto ma non può comportare anche la cessione del relativo diritto di contitolarità delle somme giacenti a credito
CONCLUSIONI. La Terza Sezioni Civile ha, difatti, affermato che "la cointestazione è di per sé una mera dichiarazione rivolta alla banca (nella quale, peraltro, nella specie, non risulta enunciata né la volontà di trasferire il credito e neppure la causa di tale cessione di credito, con conseguente nullità dell'ipotizzato contratto)". E conclude come segue:<<la cointestazione di un conto corrente, salvo diversa volontà delle parti (ad esempio dell’esistenza di un contratto di cui la cointestazione fosse atto esecutivo, ovvero del fatto che la cointestazione costituisce una proposta contrattuale, accettata per comportamento concludente), è di per sè atto unilaterale idoneo a trasferire la legittimazione ad operare sul conto (e, quindi, rappresenta una forma di procura), ma non anche la titolarità del credito, in quanto il trasferimento della proprietà del contenuto di un conto corrente è una forma di cessione del credito, che il correntista ha verso la banca, e, quindi, presuppone un contratto tra cedente e cessionario>>.
La sentenza riformata, emessa dalla Corte di Appello di Venezia, a conferma peraltro della sentenza di 1° grado del Tribunale di Venezia, aveva invece optato per la soluzione opposta, attribuendo all'atto di cointestazione di un conto corrente bancario il contenuto di un contratto di cessione del relativo credito.