Responsabile l’amministratore che ometta le misure necessarie alla cura degli interessi sociali.

20 Settembre 2024

Corte di Cassazione, ordinanza n. 25260 del 20 settembre 2024

Con l’ordinanza in esame, la Cassazione ha escluso che il principio di insindacabilità del merito delle scelte di gestione (cd. business judgement rule) mandi immune l’amministratore da responsabilità verso la società, se il suo comportamento, pur non contrario alla legge o allo statuto, violi i doveri di diligenza previsti dall’art.2392 c.c.

Difatti, ancorché taluni comportamenti degli amministratori non siano in sé vietati dalla legge o dallo statuto, possono comunque essere ritenuti generatori di responsabilità nei confronti della società qualora si rivelino contrari al dovere di lealtà, coincidente col precetto di non agire in conflitto di interessi con la società amministrata, o al dovere di diligenza, consistente nell’adottare tutte le misure necessarie alla cura degli interessi sociali a lui affidati.

IL FATTO

La Alfa S.r.l. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano, con cui le era stato ingiunto il pagamento della somma di € 31.775,66 in favore dell'Ing. Tizio, ex amministratore, a titolo di compenso per l'attività di progettazione e di direzione dei lavori relativa a due immobili ubicati in Milano di proprietà della medesima società attrice.

La Alfa S.r.l., in particolare, domandava in via riconvenzionale la condanna di Tizio a titolo di risarcimento dei danni per mala gestio, nella sua veste di amministratore della società, avendo omesso di mettere a frutto gli immobili della società stessa, così arrecandole un danno consistente nella mancata percezione dei canoni di locazione.

Difatti, secondo le prospettazioni difensive della Alfa S.r.l., coincidendo lo scopo sociale con la redditività degli immobili, la scelta gestoria di astenersi dal "metterli a reddito" senza che alla base vi fosse una valida ragione, costituiva comportamento contrario agli interessi sociali, in quanto tale escluso dall’ambito dell’insindacabilità delle scelte di gestione, con le inevitabili conseguenze in ambito risarcitorio a favore della società danneggiata.

Il Tribunale rigettava l'opposizione e la Corte D'appello di Milano, con sentenza del 17.8.2018, confermava la decisione di primo grado, fondando la relativa decisione sugli atti di conferimento di incarico all’Ing. Tizio, sulle quietanze di pagamento e sugli atti ricognitivi del debito. Tizio aveva, inoltre, dato prova di aver eseguito le prestazioni attraverso la denuncia di inizio attività e la relazione di asseveramento. La Corte distrettuale rigettava, inoltre, la domanda riconvenzionale di accertamento della responsabilità dell'amministratore Tizio per non aver messo a frutto gli immobili della società, domanda rimasta sfornita di prova: né era ammissibile la nomina di un CTU, che avrebbe avuto, nel caso di specie, un carattere meramente esplorativo.

La Alfa S.r.l. proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello sulla base di undici motivi. L’Ing. Tizio resistiva con controricorso.

LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 25260 del 20 settembre 2024, accoglieva il ricorso della Alfa S.r.l. limitatamente alla domanda riconvenzionale, con rinvio alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione, con applicazione del seguente principio di diritto: <<Qualora i comportamenti degli amministratori che si assumono illeciti non siano vietati dalla legge o dallo statuto, la condotta dell'amministratore è illegittima se omette di adottare tutte le misure necessarie alla cura degli interessi sociali a lui affidati; in tal caso l'attore ha l'onere di provare tutti gli elementi di fatto dai quali è possibile dedurre la violazione dell'obbligo di lealtà e di diligenza>>.

La Corte suprema ha accolto le ragioni della società ricorrente, limitatamente alla domanda riconvenzionale proposta per pretesa mala gestio, riaffermando il principio di diritto della recente sentenza n. 8069/2023, in materia di responsabilità dell'amministratore per i danni cagionati alla società amministrata, della inapplicabilità del principio della insindacabilità del merito delle scelte di gestione (cd. Business judgement rule) in presenza di irragionevolezza, imprudenza o arbitrarietà palese dell'iniziativa economica.

A tali principi di diritto non si era uniformata la Corte di merito, essendosi limitata ad affermare l'insindacabilità delle scelte gestionali dell'amministratore, senza verificare se il non essersi attivato per concedere in locazione gli immobili della società, utilizzandoli gratuitamente, costituisse violazione del dovere di diligenza.

Ciò, nonostante la società attrice avesse allegato che l’Ing. Tizio fosse rimasto inerte e non avesse a messo a frutto gli immobili e che tale comportamento avesse arrecato un danno costituito dalla mancata percezione dei canoni di locazione, considerato che si trattava di una società immobiliare, il cui scopo sociale è la reddittività degli immobili. A fronte di tale condotta inerte, era onere dell'amministratore dimostrare le ragioni di tale scelta gestionale <<non essendo legittimo opporre una scelta arbitraria, che, appare prima facie, irrazionale ed implausibile rispetto all'oggetto sociale>>.

Nella ricostruzione della Corte Suprema, la Corte di merito ha, quindi, errato non solo nella ripartizione dell'onere probatorio ma, altresì, nell'affermare l'assoluta insindacabilità delle scelte gestionali anche nell'ipotesi in cui siano contrarie a principi di irragionevolezza, imprudenza o arbitrarietà. E' stato omesso, in particolare, qualsiasi approfondimento in ordine all'utilizzo personale di tali immobili da parte dell'amministratore, al fine di stabilire se si trattasse di scelta gestionale prudente in considerazione dell'oggetto sociale della società.

L'omesso approfondimento delle predette circostanze (utilizzo personale degli immobili), ha portato alla cassazione con rinvio per il riesame del quadro probatorio e all'enunciazione del principio di diritto secondo il quale, in ordine ai comportamenti degli amministratori che la società reputi assunti senza l'adozione di tutte le misure necessarie alla cura degli interessi sociali a lui affidati,<<l'attore ha l'onere di provare tutti gli elementi di fatto dai quali è possibile dedurre la violazione dell'obbligo di lealtà e di diligenza>>.